Dimissioni Sindaco

Dimissioni Sindaco

La figura del sindaco nei comuni italiani è diventata di estrema importanza dal 1993, data in cui è stata consentita la sua elezione diretta da parte dei cittadini. Eleggendo direttamente il sindaco, infatti, si crea un legame con la cittadinanza, che a ogni tornata elettorale sceglie a maggioranza relativa, nei comuni in cui non è previsto il secondo turno di ballottaggio, o a maggioranza assoluta, laddove, il ballottaggio è previsto, il primo cittadino.

Fino agli inizi degli anni Novanta, il sindaco era nominato dal Consiglio comunale ed era frequente la sua sostituzione nel corso dei 5 anni di consigliatura, data la facoltà assegnata ai consiglieri di dimissionare il primo cittadino e di sostituirlo con un altro.

Il Consiglio comunale mantiene oggi il diritto di sfiduciare il sindaco, ma non solo è richiesta una maggioranza qualificata per farlo, ma la conseguenza diretta di tale atto sarebbe anche lo scioglimento del consiglio comunale stesso. In sostanza, sfiduciando il sindaco o la Giunta, il Consiglio manda a casa anche i propri membri. Da qui, i rari casi di sfiducia, che non solo si verificano in situazioni di gravi crisi politiche dell’amministrazione comunale o di eventi rilevanti, ma peraltro molto spesso avvengono a ridosso delle elezioni, quando in ogni caso il Consiglio comunale avrebbe davanti un periodo ridotto di ulteriore attività. Si tratta, quindi, essenzialmente di un atto simbolico, di natura pre-elettorale.

Ma a differenza del passato, quindi, il Consiglio comunale non può nominare il sindaco e sostituirlo con un altro. Sono solo i cittadini a scegliere chi dovrà essere il primo cittadino e ciò ha rafforzato l’autorevolezza della figura di quest’ultimo, nonché lo ha rafforzato nei poteri assegnatigli e, se vogliamo, gli ha consegnato un potere implicito di ricatto nei confronti della propria maggioranza, perché se non gli venisse consentito di amministrare per dissidi interni, potrebbe sempre dire: mi dimetto e andiamo tutti a casa.

L’art.53 del Testo Unico degli Enti locali sancisce, infatti, che le dimissioni del sindaco e della Giunta diventano effettive a partire da 20 giorni dalla data della loro comunicazione o di presentazione al consiglio comunale. Durante questi 20 giorni, la Giunta e il Consiglio hanno solo poteri di ordinaria amministrazione. Una volta trascorso questo periodo, si da vita alla procedura di scioglimento del Consiglio comunale e tutte le cariche politiche cessano. A questo punto, il Prefetto nomina un commissario, che viene definito per l’appunto prefettizio per l’origine della sua nomina e perché si tratta, in genere, di un funzionario di carriera prefettizia. Questi dura in carica fino alla data di scioglimento del Consiglio comunale con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del Ministero dell’Interno, entro 90 giorni.

Durante questi 3 mesi, sempre con un decreto del presidente della Repubblica, viene nominato un commissario straordinario, che ha gli stessi poteri di sindaco, Giunta e Consiglio comunale messi insieme.

Dunque, l’intero processo che parte dalle dimissioni del sindaco fino allo scioglimento del Consiglio comunale dura 110 giorni, ovvero più di 3 mesi e mezzo, trascorsi i quali si deve attendere la data delle nuove elezioni, che in Italia avvengono regolarmente in autunno, tra novembre e dicembre, o in primavera, generalmente, tra aprile e maggio.

Il commissario gestirà l’ente fino alle nuove elezioni, ma la durata di questo periodo di transizione potrebbe essere di gran lunga maggiore, qualora il Consiglio comunale sia stato sciolto per infiltrazioni mafiose. In queste situazioni, infatti, non è raro attendere fino a 2 anni per ottenere l’elezione del nuovo sindaco e del nuovo Consiglio comunale, ma stiamo parlando di un caso che non riguarda le dimissioni del primo cittadino in senso stretto.

Da quanto sopra esposto, pur succintamente, si desume che il sindaco gode di una notevole influenza sul Consiglio comunale e sulla Giunta, perché le sue dimissioni farebbero decadere automaticamente tutte le cariche politiche. Se questo ha certamente portato negli ultimi anni a una maggiore stabilità amministrativa, è indubbio che questo tipo di potere potrebbe essere stato utilizzato a volte in modo improprio, non per tutelare gli interessi pubblici.

Sarà anche per questo che negli ultimi tempi è stata consentita la nomina di assessori comunali tra i consiglieri, non essendo più incompatibile le due cariche. Nelle intenzioni del legislatore, questa modifica dovrebbe consentire alla Giunta una maggiore autonomia decisionale e di pensiero rispetto al sindaco, visto che anche nel caso estremo in cui il dissidio con quest’ultimo sfociasse nell’esautorazione dall’incarico, l’assessore rimarrebbe comunque all’interno delle istituzioni, in qualità di consigliere comunale.

Per contro, però, si potrebbe sostenere che viene meno la separazione tra il potere del Consiglio comunale e quello della Giunta, visto che alcuni componenti potrebbero far parte di entrambi, inficiandone il funzionamento corretto.